VINILE N. 40 LUGLIO/AGOSTO 2021 Michele Neri
Michele Anelli SOTTO IL CIELO DI MEMPHIS
Progetto complesso e sfaccettato questo di Michele Anelli, cantante chitarrista con oltre trent’anni di discografia sulle spalle, i primi dischi con The Groovers e Thee Stolen Cars, risalgono al 1990. SOTTO IL CIELO DI MEMPHIS è il nuovo album, uscito in vinile e in Cd con configurazioni ben differenti. Il progetto comprende anche un 45 giri registrato nei celebri studi americani FAME. E partiamo da qui, da Ballata arida ed Escluso il cielo sono stati registrati in trio da Michele Anelli (voce e chitarra acustica) con Bob Wray (basso elettrico) e Justin Holder (batteria e percussioni), l’8 ottobre del 2019 negli studi Fame Muscle Shoals in Alabama. Nell’estate successiva Andrea Lentullo (Wurlitzer e Hammond) e Elia Anelli (chitarre elettriche), hanno completato i brani nello Streetcore Studio in provincia di Novara. Queste due canzoni sono finite su un 45 giri, come si faceva una volta, per suggellare un momento irripetibile per Michele, per tenerle separate dal progetto che nel frattempo prendeva piede, quello di un nuovo album. SOTTO IL CIELO DI MEMPHIS è stato registrato tra Como e Novara tra il 28 settembre e il 15 dicembre 2020, giusto quindi che le due canzoni registrate negli Stati Uniti, rimanessero separate anche se come vedremo, un punto di contatto alla fine ci sarà. In queste nuove sessioni italiane, Anelli è accompagnato dal nucleo storico degli ultimi tempi, il brillante tastierista Andrea Lentullo che caratterizza con il suo Wurlitzer e il suo Hammnod, le evocative e a volte polverose ballate del titolare. Poi c’è la solida ritmica formata da Paolo Legramandi (basso) e Nik Taccori (batteria) e ci sono le chitarre di Elia Anelli e Cesare Nolli. A loro si aggiunge qua e là la bella voce di Elisa Begni.
SOTTO IL CIELO DI MEMPHIS è un bel disco di ballate rock cantate in italiano con echi del Neil Young di metà settanta (Appunti), con belle melodie accattivanti (Quello che ho e Fino all’ultimo respiro) e atmosfere più rarefatte (Tenerezza) o evocative (È solo un gioco). Insomma c’è una solida varietà stilistica in questo album. Molto bella anche la confezione con la copertina apribile e un generale livello cartotecnico di elevata qualità.
E poi c’è il Cd che non è semplicemente la versione digitale dell’album, è molto di più. La copertina è diversa e differente è anche il titolo, SOTTO IL CIELO DI MEMPHIS E ALTRE STORIE. Vediamo nel dettaglio il contenuto: le otto canzoni dell’album ovviamente, poi ci sono i due brani del 45 giri registrato in Alabama, a proposito notiamo che Ballata arida è presente in due versioni, quella dell’album e quella del singolo. Poi ci sono cinque demo registrati in studio di cui gli ultimi due in forma live. Insomma fa davvero bene al cuore vedere questa cura applicata a un progetto musicale, l’attenzione posta ai vari formati. Questo indipendentemente dal fatto che ci troviamo davanti a un prodotto musicalmente molto valido, cosa che rimane senz’altro la più importante anche se il contorno, questo tipo di contorno, non è da sottostimare. Per scelta, assolutamente condivisa da chi scrive, l’album non sarà, almeno inizialmente disponibile, in streaming.
CLASSIC ROCK N. 106 AGOSTO 2021- Antonio Bacciocchi
Michele Anelli cammina da tanti anni in sentieri musicali personali, nella classica direzione ostinatamente contraria, alla ricerca del suono dell’anima, tra rock, blues, garage, soul. Il nuovo album sublima il suo infinito percorso (inclusi due brani registrati ai prestigiosi studi Muscle Shoals, usciti anche su 45 giri, accompagnato da due pilastri del soul americano). Dieci canzoni intense, profonde, vissute, che ci portano in un mondo rock con ampie tinte “black” e con un taglio compositivo che abbraccia spesso quello del Lucio Battisti dei Settanta, attraverso momenti di assoluta eccellenza. Un lavoro in cui anima, poesia e “strada” s’incrociano alla perfezione.
RUMORE N. 356 – SETTEMBRE 2021 – Manuel Graziani
Presi dal nuovo cantautorato, snobbiamo chi sta in giro da un po’: Cesare Basile e Amerigo Verardi, per dire. Michele Anelli, che dagli Stolen Cars ai Groovers è decisamente in credito con la notorietà. Da un decennio il musicista e scrittore piemontese scava nella musica popolare con un lavoro sottotraccia poetico e politico, raffinato e muscolare. La sua lirica leggerezza r’n’r deflagra in questo album figlio di un viaggio a Memphis per i 30 anni di matrimonio. Lì, con musicisti americani, ha registrato due pezzi nei FAME Studios dell’Alabama pubblicati su 7”. Al rientro ne ha scritti altri otto spalmandoli nei solchi di un vinile. La versione su CD li raccoglie tutti più cinque inediti. E giù applausi per portato Battisti il cielo di Memphis, [nel nome di Elvis (e del Paisley)]
BLOW UP N. 280 – SETTEMBRE 2021 – Federico Guglielmi
Nel tanto che ha fatto, Michele Anelli ha sempre messo il cuore. Dalla fanzine Fandango alle proficue esperienze alla guida di Stolen Cars e Groovers, dalle collaborazioni più o meno estemporanee ai libri fino a una carriera da solista ora giunta al quarto atto, la ricca produzione del musicista piemontese è un manifesto di sincerità, impegno, bisogno di seguire la propria voce interiore; un approccio encomiabile che, se sviluppato in ambiti artistici, deve però poggiare su solide basi qualitative, pena l’inefficacia. A scanso di equivoci, il problema non riguarda questo CD, che raccoglie brani di diversa provenienza incisi nel 2019/2021: i primi otto sono quelli di “Sotto il cielo di Memphis”, album edito contemporaneamente solo in vinile e altri due da un 45 giri inciso agli storici FAME Studios di Muscle Shoals (Alabama), mentre gli ultimi cinque sono outtake per ampliare il quadro. Non un’antologia insomma, bensì il resoconto di un’intera fase creativa, sfaccettata ma con coerenza. L’area stilistica è quella di un rock “all’americana” ma i davvero irruente, intriso di aromi in ogni senso soulful e arrangiano con eccellente equilibrio e gusto impeccabile. Un rock cantautorale sviluppato in eleganti ballad d’atmosfera, forte di ottimi intrecci di chitarre, tastiere e ritmi, di testi in italiano molto evocativi e a un canto che fa pensare a seconda dei casi al Battisti più misurato o a un Battiato meno esangue. “Classico” ma al contempo piuttosto personale e intenso, con Fino all’ultimo respiro, Ballata arida presente in due versioni,; una ospita Paolo Enrico Archetti Maestri degli YoYo Mundi) ed Escluso il cielo come momenti di (appena) maggiore impatto. 7/8
WEBZINE
MESCALINA – Marcello Matranga – https://bit.ly/3icnr8y
Niente sarà come prima….Tranquilli, non è l’incipit di uno dei soliti discorsi sulla pandemia, sui No Vax etc. NO!! Questa è una constatazione pura e semplice. Mi spiego. Non so voi, ma trascorrendo più tempo a casa, ascolti, letture, visioni, percezioni si sono di fatto acuite. Ho notato che presto molta più attenzione di quanto non facessi prima, specie quando ascolto musica. Prima di lasciare spazio al giudizio tendo a “calarmi” nelle atmosfere di un disco, lasciandomi avvolgere dall’ascolto, leggendo testi e ritornando su certi passaggi. E così è avvenuto (anche) per questo Sotto Il Cielo di Memphis, nuovo lavoro di Michele Anelli. Conosco Michele dai tempi lontani degli Stolen Cars e poi dei Groovers, prosenguendo con la carriera solista, i Chemako….Insomma, sono più di trent’anni ormai che i miei ascolti incrociano regolarmente le sue produzioni.
Ma questo Sotto Il Cielo di Memphis costituisce una vera e propria sorpresa, grazie ad canzoni, testi, sonorità e produzione, che sono praticamente perfette. Nato grazie ad un tour musicale che ha portatio Michele da New York per poi preseguire verso Asbury Park NJ, Nashville, Memphis, Clarksdale, Tupelo con tappa conclusiva a Muscle Shoals dove Anelli decide di mettersi in contatto con i Fame Recording Studios, riuscendo a fissare una giornata di registrazioni che porta in dono due pezzi, Ballata Arida ed Escluso Il Clielo, registrate insieme a due pezzi da novanta come Bob Wray (bassista che ha inciso con gente quale ZZ Hill, BB KIng, Wilson Pickett, Emmylou Harris, Steve Forbert, Jack Tempchin, Roy Orbison, Duane Eddy, e decine di altri) e il batterista Justin Holder. Parte da qui la genesi di questo disco che ha poi visto aggiungersi gli altri pezzi che completano l’album.
Se i due pezzi testè citati sono certamente il fulcro dell’album, attenzione a non sottovalutare il resto, perchè fin dall’iniziale Appunti dolcemente malinconica e riflessiva, si può chiaramente percepire quali sarà il mood dell’album, come dimostrato dalla seguente Quello Che Ho, in cui spicca la doppia voce di Elisa Begni (che ritroviamo anche in Ballata Arida). Piace il groove di Spalo Nuvole, una delle canzoni che cambiano il tempo del disco, e dove emerge un chiaro riferimento a geometrie sonore che caratterizzano un gruppo come i Black Pumas. Importante il lavoro fatto dai musicisti che accompagnano Michele nel disco, e che si aggiungono a quelli già citati prima, ovvero Cesare Nolli, chitarra elettrica, percussioni, Paolo Legramandi al basso, Nik Taccori alla batteria, Elia Anelli chitarra elettrica, Andrea Lentullo, Wurlitzer.
Sotto Il Cielo di Memphis è disponibole in una curatissima edizione in vinile limitata a 250 copie con allegato il 45 gire che include i due pezzi registrati a Muscle Shoals, oppure in CD con aggiunti cinque demos.Un album ricco di ballate piacevolissime, perfette da ascoltare godendosi un bel tramonto estivo, immersi nel silenzio per goderne della piacevolezza e sul quale torneremo per approfondire diversi aspetti interessanti con una chiacchierata con Michele Anelli. Nel frattempo, se potete, non perdetevi la presentazione live di Sotto Il Cielo di Memphis del prossimo 30 Luglio a Borgomanero (No). Occasione ghiotta per gustarvi on stage le atmosfere di questo gran bel disco.
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OFF TOPIC MAGAZINE Recensione di Roberto Bianchi https://bit.ly/3A0VV4d
Michele Anelli non è un pivello, suona e scrive da più di trent’anni, è stato la voce dei Groovers oltre che il fondatore degli Stolen Cars; aggiungo che è soprattutto una persona splendida, con una sensibilità fuori dal comune. Il suo quarto disco solista, Sotto il Cielo Di Memphis, è un perfetto connubio tra apparenza e sostanza. Apparenza perché il packaging è sopraffino: Il prodotto, a tiratura limitata, contiene il disco in Vinile con copertina pieghevole, un 45 giri registrato al Fame Recording Studio di Muscle Shoals in Alabama e un CD, arricchito da cinque tracce aggiuntive. La grafica è curata e accattivante, un gioiello tutto da gustare. Sostanza per il semplice fatto che Mick è molto bravo a scrivere canzoni, coniugando melodie accattivanti con parole intelligenti; se questo non bastasse con lui hanno lavorato musicisti di classe cristallina che hanno avvolto le canzoni con un sound intenso e molto diretto.
Il Vinile
Le otto tracce del vinile sono figlie legittime del pensiero espresso da Michele Anelli: racconti intimi, introspettivi, ricchi di emozioni e ricordi, permeati da qualche momento di lieve nostalgia, ma contornati da un alone di gioia. La musica è asciutta, diretta, senza orpelli o manipolazioni. Il disco è stato registrato con i fidi Goosebumps Bros., ovvero Cesare Nolli alle chitarre, Paolo Legramandi al basso e Nik Taccori alla batteria. In seguito sono state aggiunte le tastiere di Andrea Lentullo, la bella voce di Elisa Begni e la chitarra elettrica di Elia Anelli.
“Penso che esistano, nel corso degli anni, uno o più viaggi che ci attendono, non conosciamo il tempo e il modo in cui si manifesteranno, Sotto Il Cielo Di Memphis racchiude uno di questi viaggi iniziato un giorno di settembre 1989, con la voce gospel di Elvis Presley, verso una strada libera da percorrere, in cui le storie avessero il sapore del rock’n’roll”. (Michele Anelli)
A Memphis sono nate le giuste suggestioni, gli stimoli che hanno elevato la creatività dell’artista, portandolo alla scrittura delle nuove, e bellissime, canzoni!
Con queste premesse mi accingo a mettere sul piatto il lato “A”.
La traccia 1, Appunti, inizia con un riff tagliente sostenuto dalla precisa ritmica e dalle riuscite armonie. La voce di Michele è convincente, flessibile e ben modulata. Un sound senza tempo, e senza confini, che rende evidente uno stile personale, figlio legittimo di un’evidente maturità espressiva. Bellissimo il testo che riassume le tematiche del disco: “Sotto il cielo di Memphis, nel nome di Elvis, con te che in punta di piedi arrivi giusta alle mie labbra”. Quello Che Ho ci riporta alla fine degli anni sessanta: l’organo di Andrea Lentullo richiama il sound di Ray Manzarek, i controcanti della bravissima Elisa Begni confermano l’impronta volutamente retrò della canzone. Un’amorevole e sentita poesia: “Tutto quello che ho è un pezzo di carta con le mie parole e le mani sporche di vernice perché ho colorato il cielo come piace a te”. Tenerezza inizia con il tipico piglio della ballata lenta, ma nella seconda metà evolve inaspettatamente grazie a una ritmica molto particolare e intrigante. Un plauso all’eccellente drumming di Nik Taccori e al solido groove di Paolo Legramandi. Pura e intensa semplicità: “Quanta tenerezza, aiuta, protegge, nella gioia, nel dolore, nel freddo delle parole”. Fino All’Ultimo Respiro ci riporta alla fine degli anni sessanta con un sound fresco e giocoso. L’apparente leggerezza è solidificata dai profondi contenuti: “E senza chiedere permesso liberi di sbagliare io da solo non so stare lontano da guai Fino all’ultimo respiro, fino all’ultimo con te”. Il video riassume alla perfezione l’intimità del lavoro.
Che bello alzarsi per girare il vinile, tocca al lato “B”: non fraintendete, è solo una facciata!
La chitarra distorta di Elia Anelli apre la splendida Ballata Arida che è caratterizzata da un notevole impianto sonoro e vocale, nobilitato dall’apporto della bella voce di Elisa Begni. Le parole sono il costante valore aggiunto: “Non vivi in funzione di altri, non credi a quelle risposte facili e vogliamo restare liberi da chi ha in testa ballate aride”.È Solo Un Gioco è il brano che evoca maggiormente qualche mostro sacro: ci sono echi di Lucio Battisti e tracce di Francesco De Gregori, ma il brano è intriso di personalità. Nostalgia e anticonformismo: “L’atmosfera surreale in questo prato che non sanno tagliare, non ho fatto il gesto della croce, chissà se cambia o finisce sempre uguale”. Spalo Nuvole è ritmata, intensa e pulsante; entra nella testa e ti avvolge col suo incalzante divenire e nel finale sorprende grazie al bell’assolo chitarristico di Elia Anelli. Il coraggio di esprimersi: “Ho parole che sanno di pioggia, parole che hanno la mia faccia, le prendo, le cambio, le aggiusto, le tolgo, le lancio negli occhi di questo mondo”. L’ultimo diamante del vinile è Sono Chi Sono, una ballata folk che interseca alla perfezione le parole con la melodia. È la degna chiusura di un disco senza tempo, un’opera coraggiosa e ricca di contenuti elevati, che ci regalano profonde emozioni. Uno sguardo verso il domani: “Una foto di te conserverò nemmeno intera, giusto il bordo per ricordarmi chi eri anche quando dormo”. Una citazione particolare per i precisi ed essenziali suoni delle chitarre di Cesare Nolli, che s’insinuano in ogni brano, senza mai essere invadenti, lasciando nel profondo un segno indelebile.
Il 45 giri
Ballata Arida, side A / Escluso Il Cielo, side B Il progetto dell’intero lavoro è nato da un viaggio americano del 2019 negli States che Mick ha fatto con la moglie Federica per festeggiare trent’anni di matrimonio. Un sogno nel cassetto diventato realtà, con due canzoni pronte per essere registrate nei leggendari studi FAME di Muscle Shoals. Il cartello sopra l’ingresso degli studi recita: “Attraverso queste porte camminano i migliori musicisti, cantautori, artisti e produttori del mondo”. Questo è vero oggi come lo era nel 1961. Da quando ha aperto le sue porte, FAME ha accolto artisti di regalità musicale come Etta James, Wilson Pickett, Aretha Franklin, Alicia Keys, Demi Lovato e Jason Isbell. Un luogo magico! Ballata Arida ed Escluso Il Cielo sono state mixate da Don Srygley e registrate da John Gifford III. Insieme a Mick hanno suonato la grande certezza Bob Wray al basso elettrico e il talentuoso Justin Holder alla batteria e percussioni. Negli studi Streetcore di Invorio sono state aggiunte le tastiere di Andrea Lentullo e le chitarre di Elia Anelli. Ballata Arida rispetto al brano del vinile è meno ruvida, l’intro di chitarra è più rilassante, melodico: un perfetto invito all’ascolto. Lo sviluppo include la doppia voce con la suggestiva presenza di Paolo Enrico Archetti Maestri (Yo Yo Mundi). Una convincente versione alternativa. Escluso il Cielo è il perfetto collante tra il passato e il futuro. L’arrangiamento ci conduce verso il progressive rock italiano degli anni settanta, grazie ai suoni dell’organo Hammond e il piano Wurlitzer. Come sempre le parole sono importanti: “Ho disobbedito alla tentazione di stare in questa vita senza un’opinione. Ho disobbedito all’estate, sto con l’inverno, la pioggia, la neve”. Un convincente invito a non omologarsi, a valorizzare ogni propria opinione! Il 45 giri ha un solo grande difetto: il foro centrale è quello degli LP, come faccio a metterlo nel mio mangiadischi?
Il CD
Il compact disc, come premesso, arricchisce l’offerta con l’aggiunta di cinque interessanti tracce demo, che rendono evidente la versatilità dell’artista. Mi è piaciuta moltissimo Giovanni e il R’n’R Come Cura Contro L’Indifferenza, una ballata che ha una solida struttura. Molto valida anche Il Figlio, di cui apprezzo l’originalità e il grande potenziale. Che cosa aggiungere? Semplicemente un “grazie”!
Caro Michele mi permetto di rubarti qualche parola e aggiungo che è un piacere condividere con Te “Un Universo di Emozioni Cantate In Musica”
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ROOTSHIGHWAY – Nicola Gervasini https://bit.ly/37uX2gi
Qualche giorno fa sui suoi social Michele Anelli ha scritto “L’altra sera ho sentito il corpo desideroso di scaraventare fuori tutta l’energia possibile, come se avessi dentro i Clash a sostenere le mie braccia. Sentire che gli anni passati a suonare e cantare con i Groovers e gli Thee Stolen Cars siano stati così importanti e propedeutici a essere quello che sono.”. Sta in questa frase l’essenza della sua più recente carriera discografica, dove gli anni del rock da strada in inglese appaiono lontani dalle canzoni presenti in album come Divertente Importante del 2018 o Michele Anelli & Chemako del 2013, ma l’energia che scorre nel sangue è sempre la stessa.
Stavolta Anelli però ha voluto fare le cose in grande, andando a registrare il nuovo Sotto il Cielo di Memphis letteralmente sotto quel cielo. Anzi, in quel tempio di gran parte della musica che amiamo e che sono i Muscle Shoals, dove Anelli ha immerso le sue canzoni nei suoni degli studi, col vantaggio di poter anche usufruire della collaborazione di qualche storico session-man della zona come il bassista Bob Wray (l’elenco delle sue collaborazioni fa girare la testa, da Al Green a Ray Charles) e Justin Holder, oltre alla produzione del suono di John Gifford III, uno che ha lavorato, per esempio, anche all’ultima fatica di Gregg Allman prima di lasciarci. Con queste premesse il suono del disco lo potete immaginare, anche se poi la sua band, i Goosebumps Bros (Cesare Nolli, Paolo Legramandi e Nik Taccori, con l’aggiunta di Andrea Lentullo e Elia Anelli), ha registrato in Italia.
Quello che rende particolare il disco però è il fatto che se il sound cerca l’omaggio e l’effetto retrò, la scrittura resta quella sua più recente, molto vicina a un cantautorato italiano classico, quasi alla Ivan Graziani, sottolineato dalla voce di Anelli, sempre più pulita e usata su toni alti. Anzi, l’iniziale Appunti ricorda addirittura l’Amarsi un Po’ di Lucio Battisti, mentre Quello che Ho è un bel duetto melodico con la voce di Elisa Begni dei Bluedaze. E dopo Tenerezza, caratterizzata da un bel crescendo finale, arriva Fino all’Ultimo Respiro, un brano decisamente Finardi-style anche nel testo, caratterizzato però da un bell’organo vintage alla Booker T Jones. La seconda parte è dedicata a brani più riflessivi, come Ballata Arida, quasi un lento da beat italiano degli anni 60, e È solo un Gioco, mentre Spalo Nuvole ha un’atmosfera più da Black Music anni 70, per finire con la sofferta dichiarazione di Sono Chi Sono.
La “Memphis Pack edition” del disco (LP, CD e 45 giri) contiene demo inediti che aggiungono sale ad un piatto già ricco: Anelli dimostra infatti con questo album che anni di esperienza sulla strada e sui palchi cominciano a pesare anche in fase produttiva, perché Sotto il Cielo di Memphis è qualcosa di più di un semplice omaggio alla musica che l’ha ispirato, un disco molto maturo e personale, semplicemente immerso nel Mississippi esattamente come il Manzoni risciacquò nell’ Arno i suoi Promessi Sposi. E sebbene il disco sia al 100% italiano nello stile di canto e scrittura, a Memphis credo abbiano approvato con stima.
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ONDE INDIEPENDENTI By Alessandro Lug 08, 2021 https://bit.ly/3xayEeh
Michele Anelli è musicista e scrittore, ex leader e voce dei Groovers, una delle più stimate rock’n’roll band italiane (premio alla carriera al MEI di Faenza nel 2009), nonché fondatore, nel 1987, ed ex bassista della garage punk band Thee Stolen Cars.
L’album in questione è composto da 15 tracce che trasudano della sapienza e saggezza di Michele Anelli, un grande musicista ma soprattutto un grande scrittore, che riesce a trasmettere le sensazioni di vivere a Memphis nel 1989, anni in cui la mentalità rock n roll e soul ha forgiato uno stile di vita nuovo.
Si inizia questo viaggio con “Appunti” e si prosegue poi con “Quello che ho” una canzone che manda un messaggio grandissimo: anche chi ha poco può fare moltissimo. In questo brano Anelli sostiene di avere solo un pezzo di carta con su scritti i suoi pensieri e le mani sporche di pittura per aver colorato il cielo come piace a lui.
Si prosegue con “Tenerezza” una canzone che valorizza ogni attimo di tempo vivibile, addirittura quello in cui si fa un respiro. “Fino all’ultimo respiro” inizia con un motivetto allegro ma che testimonia la caparbietà di un individuo nel perseguire il suo obiettivo, non provare mai paura e affrontare qualunque sia la tua battaglia ma sempre con il sorriso.
“Ballata Arida” è una canzone che parla invece della paura di un giovane di non piacere alle persone o di non conoscere le parole giuste perché “arido” e purtroppo non c’è una risoluzione se non l’attesa della maturazione. “È solo un gioco” parla sempre in chiave metaforica di tutte le difficoltà che una persona incontra nella vita, a dimostrare che tutti partiamo con “le scarpe sporche di fango”.
“Spalo Nuvole” è una canzone molto ritmata, con un giro di chitarra molto soul che cattura l’attenzione oltre ad il messaggio magnifico che sottintende: far tesoro delle difficoltà e delle incertezze ed imparare ad andare avanti cercando di tirare fuori il meglio da ognuna di queste situazioni.
Nel complesso tutti i brani di “Sotto il cielo di Memphis” racchiudono un meraviglioso messaggio, avvolto da una musica molto raffinata e ricercata, di cui sono stati curati tutti i dettagli, dalla produzione audio alla selezione della progressione di accordi. Ogni traccia trasuda l’esperienza accumulata da Michele Anelli nella sua lunga carriera e dal team che ha permesso la realizzazione del suo lavoro. “Sotto il cielo di Memphis” è veramente un “pezzo da 90”
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SYSTEM FAILURE WEBZINE – Redazione https://bit.ly/3rLSDyT
L’esistenza a volte sembra vuota e senza senso, un’esistenza che può essere piena di accidia, di inerzia totale, sia fisica che mentale. Il disco di Michele Anelli, invece, riempie di senso e di contenuti la nostra esistenza. È un disco che trasmette poesia, amore per la musica, amore per la vita. È un disco che trasmette un piglio tanto indie, tanto verace e genuino, un disco dalle sfumature rock, blues, folk, un disco di un grande cantautore contemporaneo con il cuore pieno di cose da dire, con l’anima traboccante di versi da cantare. “Sotto il cielo di Memphis” non è solo un viaggio musicale: è un viaggio di sensazioni, di emozioni, di parole, di immagini colorate e sgargianti. Ascoltando “Sotto il cielo di Memphis” troviamo melodie delicate, leggiadre, soffici come ovatta, troviamo armonie splendide e fiammanti, un cantato accattivante e carismatico allo stesso tempo, un’esecuzione mirabile, un songwriting tanto ben calibrato, è un disco pregno di qualità da parte di un artista che riesce ad offrire un mondo interiore davvero sterminato, un disco che mette in mostra anche produzione, mix e master notevoli.
Come non notare “Quello che ho”, una canzone tanto ritmata, poetica, eccezionale, una canzone con doppio cantato che a tratti fa rabbrividire. Un lirismo stupefacente attraversa le varie canzoni e in “Tenerezza” e in “Ballata arida” (canzone che troviamo in duplice versione) raggiunge l’apice. “Tenerezza”, tra l’altro, è una canzone che sembra voler trasformare un sentimento, la tenerezza, in onde musicali tenui, impercettibili. Che bel climax troviamo in questa canzone! Ascoltando “Sotto il cielo di Memphis” viene da pensare a film “on the road” come “Wild” o “Into the wild”: lo spirito peregrino, ramingo primeggia nell’album di Michele Anelli. Le frasi di chitarra, in “Fino all’ultimo respiro” come in altre canzoni, disegnano una trama preziosa: in “Fino all’ultimo respiro” poi supportate queste frasi da un cantato elettrizzante che a tratti mi ricorda il maestro Battiato. “Sono chi sono”, invece, trasmette note di malinconia. Il disco di Michele Anelli è una “cornucopia” di parole e immagini folgoranti e i vari arrangiamenti mirano a far brillare come diamante questo professionista della parola e delle vibrazioni dell’assoluto. Il “bilancino dell’anima” presente in voi stessi potrà misurare con precisione le sfumature del creato e dell’io interiore che questo artista ci propone.
“Escluso il cielo” è una canzone simbolo del disco: la leggiadria, il lirismo, le onde sonore a tratti appassionate, i suoni onirici, luminosi, tutto per trasmettere un viaggio mentale meraviglioso…Grande effettistica in “Ho sparato al domani”, una canzone psych che per alcuni passaggi può mandare la mente tranquillamente ai mitici Pink Floyd. Le parole sembrano non riuscire a descrivere in modo completo le emozioni che si provano dentro con l’ascolto di “Sotto il cielo di Memphis”, un disco che, nonostante alcuni tratti intimi e delicati, risulta come un fiume in piena, come torrente che ci travolge, come marosi incontenibili, un disco struggente per coloro che ancora sanno sognare, lontani dal fangoso mondo materiale senza senso. Allora “Resta libero” ascoltatore e assapora quanta pienezza dell’anima si può trovare “Sotto il cielo di Memphis”….lontano dal mainstream mediatico, lontano dall’imperante video-sfera che tutti soggioga….
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Radiocoop – Antonio Bacciocchi https://bit.ly/3A0aEwf
Un lungo cammino raccoglie tante esperienze, maturità, ricchezza (non quella economica, ma culturale, dell’anima, del cuore). Michele Anelli cammina da tanti anni e questo nuovo album sublima il suo infinito percorso (inclusi due brani registrati ai prestigiosi studi Muscle Shoals, in Alabama, usciti anche su 45 giri, accompagnato da due pilastri del sound soul americano). Le dieci canzoni ci portano in un mondo soul rock con un taglio compositivo (e vocale) che abbraccia spesso quello del Lucio Battisti dei 70, attraverso momenti di assoluta eccellenza. Anima, sangue e cuore.
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Evrapress – Chaos – https://bit.ly/3ygIL2q
Ho sempre reputato il talento di Ivan Graziani inarrivabile. Un’ironia graffiante, tematiche profondissime ordinate in cassetti puliti di qualsiasi retorica d’accatto e musica, musica eterea, irresponsabile, quasi blasfema per quanto popolare ed easy-listening riuscisse ad essere, non correndo mai il rischio di scadere nel banale. Ripeto, inarrivabile. Eppure è impossibile ascoltare “Sotto il cielo di Memphis”, il nuovo album di Michele Anelli, uscito il 4 luglio scorso per Delta Records & Promotion e non riconoscere che il livello raggiunto dal cantautore di Stresa lambisce quell’asticella posta ad un’altezza altissima dall’Ivan nazionale.
Disco inappuntabile dal punto della produzione, registrato tra il Fireplace (piccolo studio nel comasco) ed il Fame Studio Recordings (Muscle Shoals, Alabama) che si distingue dalle solite produzioni italiane proprio per sonorità curatissime e convincenti e delle chitarre registrate con rara attenzione. Un album di ben 15 tracce che ci portano a sonorità che spaziano dal tex-mex, all’indie italiano, al pop anni ’80, con una leggerezza ed un’accuratezza che sottolineano il carattere poliedrico del cantautore piemontese. Davvero fatico a trovare in Italia un disco migliore di questo da almeno 10 anni in qua. Una perla incastonata tra il nulla partorito dell’ultimo Sanremo e le hit estive “spaccaradio”. Alcune volte, per avere un futuro, bisogna guardarsi indietro. E forse è quello che fa oggi Michele Anelli, proprio come ha sempre fatto Ivan Graziani, successo, dopo successo, dopo successo.
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CLUBGHOST https://bit.ly/3j6KUY4
Un mix tra cantautorato folk e alternative rock nel nuovo lavoro di Michele Anelli per la Delta Promotion dal titolo Sotto il cielo di Memphis. Subito atmosfere tra indie e cantautorato anni ’70, nella traccia d’apertura Appunti, nella quale le influenze sono molteplici, tanto da arrivare a citare Battisti nei punti più alti, tra il cantato che, pur essendo moderno, richiama il tipico cantato italiano del passato e la strumentale che sembra venire da un passato lontano. Così come si ripete in Quello che ho, dove già in apertura c’è l’eco al cantautorato anni ’70 e dove, ancora una volta, emerge tanto Battisti, sporcato ancor di più dall’influenza inglese, come ad esempio nel suono dell’organo alla The Doors. Innesto molto delicato di voce femminile nel ritornello. Tenerezza è una dolce ballata, teneramente cullata dalle note della melodia e dal sound pacato e cullante degli strumenti. Una vera chicca per il disco, che ancora una volta mescola molte influenze, soprattutto provenienti dal passato. Passato che vien fuori anche in Fino all’ultimo respiro, dove ad aprire c’è ancora quell’organo alla The Doors, ascoltato poco prima. Ancora tanta delicatezza in questo brano, che si lascia ascoltare nel suo essere decisamente rilassato. Si passa a suoni acidi di chitarre in Ballata arida, che si scontrano con le atmosfere indie folk del brano, creano un contrasto piacevole, che ne conferisce ancor più enfasi. E’ solo un gioco sembra essere una ballata folk, nel quale vengon fuori influenze di Battiato, particolarmente nel cantato e nella sua scomposizione del tempo, per poi passare ad una sorta di funky in Spalo nuvole. Tratti di psichedelia estremamente velati in Sono chi sono, dove si fanno largo sonorità più spaziali e trascendentali. Da notare anche la presenza di un synth che riproduce il suono di un flauto molto delicato. Ci viene riproposta Ballata arida in una versione live in studio, con un arrangiamento più intimo e meno acido, simile al sound proposto anche in Escluso il cielo, anch’essa un live in studio, nella quale un bel groove trasportante ne conferisce magia. Con 4 demo si conclude il disco, partendo da Ho sparato al domani, nella quale c’è una sperimentazione vicina al sound inglese di fine anni ’70 ed inizio anni ’80, per passare a Il figlio, dove una componente funky ne pervade l’essenza. Giovanni e il R’n’R come cura contro l’indifferenza sembra essere un bell’esempio di ballata rock, che troviamo anche in Sempione 71, lasciando, però, più spazio all’anima pop, per finire con Resta Libero dove una tastiera accompagna il cantato in un duetto davvero magico. Un lavoro degno di nota per Michele Anelli, facendo un grande elogio alla band Goosebumps bros. che ha accompagnato l’artista nella realizzazione del disco, conferendone un sound fenomenale. Insomma, vi lasciamo ascoltare Sotto il cielo di Memphis in attesa di novità da parte di questo artista.
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STANDOUT Zine – Kirito – https://bit.ly/37aqk3k
Michele Anelli, cantautore che arriva dalla pluripremiata band Groovers (Premio alla Carriera MEI 2019), esce con un album cercato e ricercato, avvolto tra stelle e strisce, in una miscela inedita in cui convergono le influenze della musica spiccatamente americana e l’introspezione della tradizione cantautorale italiana. L’album e le sue canzoni scorrono molto bene, nonostante le montagne russe dei generi musicali che si alternano, connesse da una intenzione vocale comunque comune a tutte. Sicuramente, tra i pezzi che spiccano troviamo “Quello che ho”, con un andamento surf, una cavalcata alla Tarantino, “Tenerezza”, soprattutto nella parte iniziale in cui il pezzo danza sul filo di un valzer ben arrangiato e “Sono chi sono” in cui le inflessioni vocali ci portano addirittura nel territorio di un certo Pop d’Autore italiano, come quello di Federico Zampaglione o di Max Gazzè. Il disco si impreziosisce ulteriormente con gli innesti della voce femminile che irrompe dolcemente come una brezza serale, spesso complementare ai climax finali delle canzoni. Probabilmente, qualche brano, seppur magistralmente arrangiato, ci risulta soffrire di un eccessivo “didascalismo” nelle liriche; potrebbe essere il caso di “Ballata arida”, ma sicuramente non costituisce una macchia su quello che rimane comunque un lavoro ben fatto e ben pensato. I brani registrati nelle sessioni dei FAME Studios hanno forse un tiro migliore, suonano più vivi e coinvolgenti e questo aggiunge sicuramente valore all’uscita discografica che per noi è valida, interessante e frutto di una esperienza chiara e di una volontà forte, che non può certo mancare ad un musicista navigato come Michele Anelli, al quale vanno i nostri migliori complimenti.
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LA PRIMA PAGINA – Ludovico Artelli – https://bit.ly/3rSD6xe
Per chi non ha mai sentito la voce di Michele Anelli, al primo ascolto può facilmente confonderlo per il compianto Lucio Battisti. Con delle sfumature tipiche, invece, che ci ricordano il recentemente scomparso maestro Franco Battiato. E parliamo sia di gradazioni canore che musicali. Queste poche parole dovrebbero bastare per accendere la vostra curiosità.
Se non vi sono bastate, possiamo dirvi che con lo scorrere dei secondi è impossibile però non accorgersi anche del profondo livello di emozione che questi brani riescono a suscitare. Stiamo ascoltando un artista completo e sicuramente esperto poiché, se non lo sapevate già, Anelli, che oltre ad essere musicista è anche uno scrittore, in passato è stata la voce dei Groovers e fondatore e bassista della band The Stolen Cars. Se proprio siete difficili da convincere, date una sbirciatina al booklet di questo LP, dove spicca il nome di Taketo Gohara, produttore e sound designer giapponese che opera stabilmente in Italia e vanta la collaborazione con artisti di livello (dai Negramaro a Capossela passando per Elisa e Biagio Antonacci). C’è poi anche Giovanni Versari, a cui è stato affidato il mastering del disco, che nel suo c.v. riporta i nomi di Ennio Morricone, Mario Biondi, Morgan, Battiato, Afterhours, ecc. Convinti?
Sotto il cielo di Memphis è decisamente un progetto musicale coerente, un album come non se ne sentono più da alcuni anni a questa parte. Le tracce sembrano frutto di un lavoro fatto tutto d’un fiato, come capita quando l’artista viene avvolto dal vento dell’ispirazione. È probabile, chissà? L’intero disco sembra avere sempre lo stesso mood e diventa un compagno di viaggio perfetto. I suoni, l’andamento della musica e le emozionanti parole sono la giusta combinazione per scatenare decine di pensieri durante l’ascolto. Pensieri ambientati in quei momenti di quiete di quelle giornate calde quando le temperature proibitive ci spingono a ridurre al minimo le nostre azioni. Ci lasciamo avvolgere dall’estrema sensazione di relax che questo disco è in grado di darci…
Questo LP è sostanzialmente diviso in tre blocchi. Nel primo blocco, costituito da 8 brani possiamo individuare la parte principale dell’opera. Si parte con Appunti, un titolo che già si sposa perfettamente col titolo dell’intero disco che, fra l’altro, viene citato nel testo. Due colpi di chitarra ben assestati prima di partire col quel ritmo blando che diventerà il leitmotiv generale. C’è ben poco da dire poiché tutto è costruito alla perfezione. La base ritmica insieme al movimento delle chitarre riesce davvero a stimolare le emozioni. Sembra d’esser ripetitivi ma è proprio così. Struttura del pezzo non scontata. Quello che ho è il brano sul quale forse si sente più l’analogia allo stile di Lucio Battisti. Interessante il sound vagamente retrò dove anche l’utilizzo dei cori è in grado di proiettarci in un’epoca sonora non più attuale ma decisamente immortale. Da gustare. Tenerezza fra tutte le altre è quella che veste meglio l’abito della ballata, almeno per la prima metà dopo la quale evolve in qualcosa di ritmicamente molto più coerente con le linee principali del disco. Ci ricorda un po’ Shiny Happy People dei R.E.M. nel passaggio coi coretti che precede la parte finale. Un brano davvero interessante. Un altro pezzo che invece riesce a muovere delicatamente il nostro corpo durante l’ascolto è Fino all’ultimo respiro che ha un volto musicale più allegro. E qui, nel ritornello, che percepiamo maggiormente il richiamo al maestro Battiato. Come per la canzone precedente, anche qui si osserva un cambio di passo a partire dalla metà della traccia. In questa occasione però è solo per alcuni passaggi, come un breve offroad, perché poi si ritorna sul ritmo principale. Un’intro nebulosamente struggente si pone all’avvio la traccia numero 5, Ballata Arida, quella in cui apprezziamo, più che in ogni altro pezzo dell’Anelli, l’intervento canoro, nel finale, di una bella voce femminile purtroppo non accreditata. Anche qui le parole sono profonde, riflessive e mai banali. Molto interessanti i passaggi strumentali con effetti “sporchi” quanto basta.
Siamo già entrati nella seconda parte del primo blocco ma È solo un gioco è un brano che non tradisce il progetto mantenendo un approccio di composizione e scrittura coerente. Qui percepiamo linee melodiche che richiamano molto lo stile battistiano: alcuni passaggi fanno venire i brividi per quello che riescono a rievocare. Un improvviso avvio con un ritmo più brillante attira la nostra attenzione al giungere del brano n. 7, Spalo nuvole, già interessante e pittoresco nel titolo. Una canzone sapientemente posizionata nella tracklist perfetta per creare un punto di temporanea rottura nella struttura del disco. Costituirebbe anche il pre-finale del blocco principale. Adatta. Sono chi sono ci riporta prepotentemente nella linea dominante dell’opera seppur con una sorprendente cavalcata in trotto folk nella seconda parte della traccia. Testo da assaporare come un dessert prelibato.
Si passa al secondo blocco dell’LP composto da due tracce registrate al FAME (Florence, Alabama Music Enterprises) Recording Studio, storico studio di registrazione americano che ha visto passare per le sue stanze artisti del calibro di Joe Cocker e Rolling Stones. Questa parte del disco offre una variante di Ballata Arida registrata in versione più corta e senza l’intervento finale della voce femminile. L’altra traccia è Escluso il cielo, un brano sicuramente interessante ma con arrangiamento leggermente fuori delle “regole” sentite nel resto dell’album. Ci ricorda qualcosa nello stile di Biagio Antoniacci, e a voi?
Saltiamo al terzo e ultimo blocco dove troviamo 5 brani in versione demo. Ho sparato al domani ci mostra subito una veste insolita rispetto a tutto quello che abbiamo sentito fino ad ora in questo disco. Sicuramente ci stupirà maggiormente quando troverà la sua forma definitiva. La seconda demo, Il figlio, ha invece un interessante ambiente sonoro, probabilmente ancora da sviluppare, ma che già così genera molta aspettativa. Giovanni e il R’n’R come cura contro l’indifferenza ci è sembrato un brano molto più completo e in linea con le aspettative sonore del disco. Non avrebbe sicuramente demeritato se avesse fatto parte del primo blocco dell’intera opera. Sempione 71 è la prima delle ultime due tracce demo registrate live in studio, insieme a Resto Libero. Interessante il testo nella prima mentre nella seconda la grande pace che riesce a trasmettere è l’elemento più in risalto che questo pezzo offre.
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L’ISOLA CHE NON C’ERA – Massimo Pirotta – https://bit.ly/3z7RJzf
Un abile giocoliere tra i suoni e che può vantare un’esperienza pluridecennale tra registrazioni in studio ed esibizioni live. Questo è Michele Anelli. Che iniziò la sua carriera con la band The Stolen Cars, tutta dedita al garage-rock revival tra gli ’80 e i ’90 per poi proseguire con The Groovers (premio alla carriera, nel 2009, al M.E.I. – Meeting delle Etichette Indipendenti). Quindi, la sua attività da solista e/o insieme ai Chemako, altra sua formazione-creatura. Parallelamente a ciò la stesura di alcuni libri di assoluto pregio, come “Radio Libertà. Dalle radio della Resistenza alla resistenza delle radio”, edito nel 2013. Inoltre: il suo deciso sapere imbastire preziose collaborazioni che hanno saputo farsi “sistema”. Tra queste, quella con l’ex Settore Out, Evasio Muraro. Ma il più caloroso plauso che gli va dato è per avere intuito e fatto proprio che la musica rock, se ben esplorata ed innescata di continuo, può essere un’arma strategica.
Sotto il cielo di Memphis e altre storie, con il suo assemblarsi elettro-acustico tra il 2019 e il 2021, si mostra inequivocabilmente “glocal”. Un’opera che viaggia. Dove non ci sono solo andate e ritorni ma anche il transitare, il fare tappa (l’intero suo dipanarsi riflessivo), il ripartire di nuovo. Magari col piglio di un bandautore. Storytelling per proverbiali corrispondenze, tra immaginari e neo-neorealismi. Localizzando ma pure espandendo il più possibile. La cura dei dettagli che fa fiorire liriche che hanno testa, cuore, anima. L’olfatto delle radici e quello dell’andare. Il farsi “manifesto” indipendente (la sua maggiore fonte d’attrazione). Coerenza, ci vuole coerenza, perché si è in balìa di presagi e gioiosità, di complicazioni e sollievi. Lo scorrere della vita. E se la devi cantare e suonare non lo puoi trascurare. Michele Anelli fa di più: lo mette in rilievo. Quindi un disco “trifase”. In cui l’alba e il sorgere del sole sono l’Elvis che (non) viene da noi, come la Woodstock In Black che in pochi ricordano, quindi il “duello” a mezzogiorno con lo sguardo puntato e il successivo finire dentro i prestigiosi Fame Recording Studios in Alabama (dove alcuni brani sono stati registrati e preso forma e sostanza), le ore notturne passate a dare rispolvero e a fornire nuove stagioni a demo e a 45 giri. Canzoni girovaghe per la mente e per il corpo. A loro perfetto agio tra visioni, l’incedere in punta di piedi, l’appassionarsi sulle labbra, il susseguirsi di colori tenui e vivaci, i pugni da stringere. Tra le canzoni, fanno breccia “Fino all’ultimo respiro” dal sapore scenografico, Spalo nuvole un succoso concentrato-filastrocca, Ballata arida fotografia mossa, in movimento, in bianco e nero e con Paolo Enrico Archetti Maestri degli Yo Yo Mundi anch’egli alla voce. E poi, la sorprendente Escluso il cielo totalmente avvolta nell’articolata scrittura e che reclama l’introspettivo interagire. Percorsi decisionali. E dove un asso nella manica non si gioca mai a caso.
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CRAMPI2 – Crimson74 – https://bit.ly/3rKBtRX
È andato a ‘sciacquare i panni’ nel Tennessee (o meglio, in Alabama, come vedremo) di Michele Anelli, per il suo nuovo lavoro, ennesimo capitolo di una carriera trentennale, cominciata coi Groovers e poi proseguita da solista, affiancando e aggiungendo all’attività di cantante, cantautore e chitarrista, l’attività di scrittore, dando più volte vita a progetti e collaborazioni che appunto mescolavano la parola cantata a quella scritta. Solo musica e parole invece stavolta per questo “Sotto il cielo di Memphis”, nato appunto in occasione di un viaggio negli States, culminato con una sosta presso Fame Recording Studios di Muscle Shoals, Alabama, dove è stata avviata la produzione del disco. Otto tracce la base di partenza, ma alcune versioni del disco offrono varie aggiunte, fino ad arrivare a quindici brani. L’impressione è quella di un viaggio nel tempo: un lavoro che per suoni (a partire dal frequente uso di tastiere vintage) modi, umori, atmosfere, sembra uscito dritto dagli anni ’70. Le suggestioni sono varie: domina un vissuto personale che può ricordare vagamente un De Gregori (certo con esiti molto meno ‘ellittici’) c’è, volendo, una spruzzata di certo ‘prog’ cantautorale (vedi alla voce Le Orme) e c’è, anche e soprattutto, l’ombra lunga della ‘premiata ditta’ Mogol – Battisti, con i riferimenti da ‘minimo quotidiano’ e un cantato costantemente velato di malinconia e disillusione. È un lavoro pieno di riflessioni dai toni appunto malinconici, disincantati, spesso in forma di ballate, dai toni in chiaroscuro. Manca forse, qualche brano ‘killer’: ci si aspetta che prima o poi si dia ‘fuoco alle polveri’, magari accendendo le chitarre, alzando il volume, lasciando un po’ sciolte le briglie e invece tutto resta in penombra, in una dimensione dai tratti evanescenti e talvolta onirici e con toni che spesso fin troppo dimessi.
L’impressione finale è che insomma il lavoro tragga gran parte della sua linfa, più che dagli assolati panorami del Tennessee e dell’Alabama, dalle brume del Lago Maggiore su cui si affaccia Stresa, città di origine del cantautore.
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LUmagazine https://bit.ly/2VnoM3m
“Sotto il cielo di Memphis”, quarta uscita discografica di Michele Anelli, cantautore già noto come leader dei Groovers, più che un album è un vero e proprio “progetto ombrello” che raccoglie un LP in vinile di 8 brani, un 45 giri con due brani registrati al mitico FAME Recording Studio in Alabama ed un CD che li contiene entrambi insieme ad altri 5 brani in versione demo. Un progetto discografico che nasce dopo un viaggio negli Stati Uniti, un sogno accarezzato a lungo che è diventato realtà.
Ed è proprio a Muscle Shoals, in Alabama, nelle straordinarie sale del FAME Recording Studio del compianto Rick Hall, dove Michele ha avuto modo di interagire con musicisti che hanno contribuito da turnisti a dischi di artisti del calibro di Al Green, Ray Charles, Etta James, Johnny Cash ecc., che tutto ha inizio con la produzione dei due brani, Ballata Arida ed Escluso il Cielo, che sarebbero andati a costituire le due facciate del 45 giri sopracitato. Da lì poi, tutta una serie di suggestioni a stelle e strisce che avrebbero ispirato la stesura di tutte le altre canzoni.
Influenza americana abbastanza evidente nei curatissimi arrangiamenti, a cura dello stesso Anelli insieme alla sua band, i Goosbumps bros., dalle morbide sonorità elettroacustiche ispirate al soft rock anni ‘70 di band come gli Eagles, rese maggiormente brillanti dal mixaggio di un guru della produzione italiana come Taketo Gohara e dal mastering di un altro pezzo da novanta come Giovanni Versari.
E gli anni ‘70 sono molto evidenti anche nelle composizioni di Michele Anelli, il cui timbro vocale e senso melodico fanno immediatamente pensare al Battisti di annata, senza per questo cadere nella banalità di certi imitatori, anche a costo di qualche sporadica forzatura.
Tra i brani più riusciti, segnaliamo, oltre ai due realizzati in America, l’iniziale “Appunti”, “Il figlio” e la conclusiva “Resta Libero”.
L’album, pubblicato dalla Delta Promotion, è disponibile in tutti e tre i formati o in un Memphis Pack che li comprende tutti.
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AUDIOFOLLIA – https://bit.ly/3ffZ9sx
Scrivere una recensione su un disco intero è sempre un’operazione molto delicata, direi quasi meditativa. Solitamente, inizio a scrivere solo dopo il secondo ascolto. Il primo ascolto è totalmente acritico, fatto non con il cervello, ma con le emozioni, in maniera totalmente spontanea. Il secondo ascolto è invece quello analitico, fatto traccia per traccia. Cari audiofolli, il protagonista di questo articolo è oggi Michele Anelli con il suo album freschissimo d’uscita Sotto il cielo di Memphis.
Il timbro vocale è davvero particolare, una strana commistione tra Lucio Battisti, Emanuel Agnelli, Dodi Battaglia, Calcutta, Dente, Diego Mancino, Bugo, Dario Brunori, Riccardo Sinigallia. Il sound è genuinamente indie-pop, così come i testi, senza tuttavia ricalcare eccessivamente gli stereotipi del genere, con una buona percentuale riconoscibile nella “canzone d’autore” di livello. Il gusto delle incisioni è decisamente “analogico”, che sia reale o simulato, avverto quel calore del nastro e dei circuiti elettrici del SSL o simili, unita alla straordinaria qualità dei giorni nostri. Ascoltiamo traccia per traccia? Ma certo che sì. Appunti mi ricorda molto la bellissima “Non è per sempre” degli Afterhours, con quell’incipit “Tu dici che i tuoi fiori si sono rovinati…ecc” e “Bianca” allo stesso tempo, ma anche “I giardini di marzo” e “Amarsi un po’” di Lucio Battisti, con qualche punta del più ispirato Riccardo Cocciante ai tempi di “Bella senz’anima”. Riferimenti musicali apprezzabilissimi che abbiamo conficcati dentro le nostre coscienze musicali. Un bel brano per iniziare e anche il testo “hipster” dà già una bellissima impronta al progetto: “ascolto i dischi in vinile e amo i film di fantascienza anche quelli fatti male”. Già ti immagini i film di Ed Wood e li associ alla musica, mentre la puntina gira in penombra sul solco del vinile. “Leggo tre libri alla volta”, “Amo le canzoni dalla voce sporca”…”Sotto il cielo di Memphis, in nome di Elvis”…questo brano, più che un brano, è un vero e proprio “manifesto di pensiero e d’identità”. Quello che ho suona squisitamente americano, con un groove tipicamente 60-70 , alla “Un ragazzo di strada” de I Corvi…”Sono un poco di buono”, per intenderci. Che poi, in Italia, in quel periodo, la tendenza era di guardare musicalmente affascinati verso l’estremo Occidente. Indovinato il duetto con la voce femminile Tenerezza con quella chitarra nell’intro, ci si fionda subito apparentemente in quelle atmosfere della filmografia alla Quentin Tarantino, “Bang bang” in Kill Bill, per intenderci. Atmosfera che si dissolve subito, dopo pochissimi secondi, per rientrare nel cantautorale. Bellissima la trovata di quel lieve fruscio di fondo sotto gli accordi della chitarra dell’intro, tale da dare un calore e spontaneità incredibile al brano, sin dall’inizio. Un avvolgente 6/8 caldissimo, intimo e sognante, sia negli arrangiamenti che nel testo. Si cambia però quadratura ritmica nella seconda metà del brano, per rientrare in un corposo 4/4. Fino all’ultimo respiro ci cattura subito con quell’intro di organo che potrebbe essere un Farfisa d’epoca, l’atmosfera generale potrebbe essere tranquillamente estiva e radiofonica, ma con raffinatezza e stile. Armonicamente ci ricorda subito qualcosa…tra “O mare nero” di Battisti, Bugo in generale, Strange Days dei Doors, Broken Dreams dei Green Day o alcune note di Kalhed in Aicha o addirittura di Branduardi, Dire Straits e degli 883, pur essendo atmosfere estremamente diverse. Come un deja vù, che alla fine però ci sfugge. Richiama immediatamente, forse più degli altri, i nostri ricordi musicali.
Ballata arida è già un titolo spettacolare. Solitamente “ballata” indica nell’immaginario comune un brano molto spesso d’amore o comunque tutto fuorché arido, quasi ad essere un ossimoro. Anche se di “ballate amare” ovviamente ce ne sono moltissime nella storia del cantautorato nostrano e non. E’ solo un gioco è un’altra ballata, forse meno arida, sicuramente piacevole, con una bella chitarra ritmica tipica che costituisce l’impalcatura del pezzo, con una batteria basica e un cantato “narrante” tra ricordi e riflessioni. La chitarra ritmica non è la sola, ma vi sono intrecci di altre chitarre non ritmiche che accompagnano le variazioni armoniche. Spalo nuvole si caratterizza con quest’alternarsi tra un bel groove ostinato che fa muovere la testa che a un certo punto e un risolversi, per poi di nuovo ritornare verso quell’ossessività ritmica. Sono chi sono è uno dei brani più soft e riflessivi dell’album, ma dalla seconda metà del brano cambia veste e diventa quasi “dance”…sto scherzando, è sempre un brano molto acustico, ma quella cassa in quattro dalle sembianze “unplugged” è la trovata del brano che più cattura.
Ballata arida (Fame Recording Studio) : abbiamo lo stesso brano della traccia numero quattro, ma con un diverso arrangiamento. Ci sta in album, riproporre versioni diverse dello stesso brano. Escluso il cielo (Fame Recording Studio) ci dà la sensazione del live e ci lasciamo trasportare da questa atmosfera, le voci finali che parlano americano ci danno subito la collocazione dov’è avvenuta la registrazione e ci si ricollega al titolo.
Ho sparato al domani (demo) – Mi chiedo: perché demo? A parte che non sentivo questo termine da una ventina d’anni…pare che non esistano più le demo ( o i demo? ). Forse si vuole comunicare che il brano non è stato “trattato” come gli altri? Il risultato finale non è comunque da meno. Oppure è semplicemente una trovata “indie” per dare particolarità e spontaneità al disco… Seguono come “demo” anche tutte le tracce successive come “Il figlio” , “Giovanni e il R’nR come cura contro l’indifferenza”, “Sempione 71”, “Resta libero”, gli ultimi due proprio come live veri e propri…quindi presumo che la registrazione sia avvenuta appunto in presa diretta, senza il classico modus operandi dove si registra “pezzettino per pezzettino” con infinita post-produzione. Considerazioni finali: c’è della innegabile sostanza (d’altra parte il nostro è un veterano nella scena musicale, da decenni a questa parte), idee, buona penna, arrangiamenti e incisioni curatissime…ogni tanto hai però quella sensazione del tipo: ehy, mi sta scoppiando il cervello, queste note in questo punto, le ho già sentite, ne sono sicuro, sicurissimo e allora canti e ricanti quel frammento con tono quasi accusatorio…poi ti rendi conto che probabilmente non è vero, allora pensi, per citare un brano dell’album: è solo un gioco? Al di là di tutto, la musica è sì una cosa seria, serissima, ma è anche un gioco, ed è giusto che si giochi…d’altra parte, per rimanere in tema “americano”…”play” sta per indicare infatti sia suonare che giocare.
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Mondo Spettacolo – Devil man – https://bit.ly/3yfM89K
Sotto il cielo di Memphis”, pubblicato per l’etichetta DELTA Records & Promotion, racchiude un significato particolare per l’artista. Si tratta infatti del coronamento di un viaggio a Memphis, città che con i suoi musicisti e la sua storia ha fortemente ispirato Anelli e la sua produzione artistica.
Gli splendidi brani “Ballata arida” e “Escluso il cielo” sono le canzoni che meglio descrivono la commistione di influenze e sentimenti che hanno animato questa nuova avventura del cantautore. Questi due brani sono stati registrati presso il celebre FAME Recording Studio di Muscle Shoals, in Alabama grazie al supporto di musicisti d’eccezione come John Gifford III alla consolle (allievo e prosecutore dell’opera di Rick Hall), Bob Wray al basso (Al Green, The Marshall Tucker Band, Ray Charles, Etta James, Clarence Carter, Johnny Cash ecc.) e Justin Holder alla batteria, giovane e talentuoso session man in pianta stabile al FAME.
Una volta ritornato in Italia, Michele Anelli ha dato forma alle vibrazioni assorbite nella terra di Elvis Presley e Johnny Cash componendo nuovi brani, registrati con i Goosebumps bros. ovvero Cesare Nolli (chitarra elettrica), Paolo Legramandi (basso elettrico) e Nik Taccori (batteria) al Fireplace studio in un piccolo centro del comasco. Per l’occasione i Goosebumps bros. Sono stati supportati anche da Andrea Lentullo (Wurlitzer) ed Elia Anelli (chitarra elettrica). A colpire di questo album, oltre all’alto livello delle produzioni e dei musicisti coinvolti, è senza dubbio quello che ci viene trasmesso dai testi di Michele. “Sotto il cielo di Memphis” infatti contiene un ampio spettro di emozioni e di ricordi tradotti in parole dall’artista. “Parole che hanno la mia faccia” canta Anelli in “Spalo nuvole” altro fortunato brano di questo album che testimonia come tutte le parole di questo disco portino la forte personalità del suo autore.
Anche il mixing e il mastering di questo progetto rendono giustizia agli sforzi profusi da Michele Anelli per consegnare ai fan un album con carattere che oltre alle chiare influenze di Memphis, ricorda alcuni dei progetti solisti di Omar Pedrini, cantautore che, come Anelli, condivide sicuramente la passione per la ricerca artistica e per la musica che non si trova nel primo scaffale dei supermercati. L’album contiene oltre ai brani composti a Memphis e a quelli arrangiati con i Goosebumps bros anche delle versioni demo e dei brani live che impreziosiscono ulteriormente questo lavoro. “Sotto il cielo di Memphis” è insomma un’esperienza professionale e personale che arricchisce ancor di più il bagaglio culturale di Michele Anelli e che regala a tutti noi un disco da ascoltare per lasciarsi trasportare nei luoghi magici che l’hanno ispirato.
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FreeSound Magazine – https://bit.ly/3zQ4iiK
Michele Anelli è sicuramente una figura da inserire adeguatamente nel panorama rock italiano: prima voce dei “Groovers”, stimata rock’n’ roll band italiana, poi bassista e fondatore della punk band “Thee Stolen Cars”, quindi nel 2013 cantautore, con l’omonimo album, al quale segue, nel 2016, “Giorni usati”. Ci saranno, poi, “La scelta di Bianca”, e “Divertente importante”. Le piattaforme di audio streaming danno la possibilità di ascoltare questi dischi, pieni di spunti interessantissimi. Parallelamente a tutto ciò, questo autore, che ha 56 anni e vive a Stresa, si cimenta anche come scrittore e paroliere. Il 4 luglio 2021 è uscito il suo nuovo album, “Sotto il cielo di Memphis”, pubblicato per l’etichetta Delta Records and Promotion. È possibile acquistare il disco in Lp, 45 giri e cd. L’album è frutto di un percorso giunto a compimento, frutto di un sogno che si è realizzato, ma anche espressione di una maturità artistica accumulata negli anni.
L’autore ha, infatti, effettuato un viaggio negli States in occasione dei trent’anni di matrimonio. Sicuramente il contatto con Memphis, la città del re del rock and roll ha avuto un ruolo determinante per questo artista. Ma è, ovviamente, riduttivo collegare tutta la città al solo fenomeno (che già basterebbe di per sé) Elvis Presley: la città è anche il luogo della morte di Martin Luther King, di grandissime etichette discografiche come la Sun, e la Stax, e di molto, molto altro. In sintesi, la città dove uno come Michele doveva per forza approdare, con tutti gli stimoli che un luogo del genere può offrire. Proprio in Alabama, a Muscle Shoals, nelle sale del FAME recording studio, è iniziata la produzione di “Sotto il cielo di Memphis”, con la registrazione di due tracce (“Ballata arida” ed “Escluso il cielo”) ed il nostro ha collaborato con Bob Wray, bassista di fama internazionale, che ha collaborato con band del calibro di Marshall Tucker Band o artisti come Etta James, Ray Charles e Johnny Cash. Tornato in Italia, la produzione dell’album è stata portata a termine, grazie anche ai “Goosebumps bros”. Analizziamo i momenti migliori dell’album. “Appunti” è una ballad bene arrangiata, con synth e chitarra acustica, “Quello che ho” ha un colorito western, anche grazie alla ritmica sincopata, “Tenerezza” è un momento di sospensione, un brano fatto di parole sussurrate che risuonano nel silenzio: gli arrangiamenti sono, come sempre nell’album, estremamente funzionali e delicati. “Fino all’ultimo respiro” (forse il titolo è un tributo al film di Godard?) è interamente retto da un organo dal sound anni 70, “Ballata arida” ha un inizio estremamente cinematografico ed uno sviluppo sognante: per la venatura floydiana di alcuni passaggi (qualche eco di Dark Side of the Moon) io la considero la migliore traccia dell’album. Questo disco è un tributo a tutta la musica americana, ed è, a mio avviso, un’ottima occasione per chi intende calarsi nelle atmosfere della città del rock.
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VeroRock – Raffaele Pontrandolfi – https://bit.ly/2V7PP32
In questo ultimo annus orribilis 2020, sono molti gli eventi e le sorprese, allegre e funeste, che hanno caratterizzato il mondo in cui viviamo a tutti i livelli, relativi al mondo della musica e più in generale dei rapporti umani. Spesso, la stati forzata, che ha contraddistinto le nostre giornate, rendendole a volte monotone e angoscianti, ci ha altresì permesso di viaggiare, se non fisicamente almeno con la mente, spazziando verso universi sonori ed ambientali di per sé a volte distanti. Uno di questi “viaggi sonori” che ha letteralmente entusiasmato le mie ultime giornate è certamente l’ultimo full lenght del chitarrista e cantautore lombardo Michele Anelli, ‘Sotto Il Cielo di Memphis’, uscito lo scorso 4 Luglio per la DELTA Records & Promotion. Questo nuovo disco in studio, il quarto da solista, “è un progetto discografico che nasce da un viaggio negli Stati Uniti, un sogno accarezzato a lungo che sta per diventare realtà”, come ci racconta lo stesso autore. Una vera e propria epopea rock a stelle e strisce insomma, ma caratterizzata da un tocco di originalità e da un’interpretazione canora e lirica alquanto poetica ed ispirata in lingua madre. Ebbene si, nonostante il genere proposto sia un connubio tra cantautorato rock e le varie sfaccettature country/blues del Delta (tanto per rimanere in tema – n. d. r.) del Mississipi, il nostro ci propone un racconto tutto in lingua “italiana”, rendendoci ancora più vicini luoghi e paesaggi sonori di per sé distanti migliaia e migliaia di chilometri.
Questo nuovo progetto discografico è stato anticipato negli scorsi mesi dai due singoli apripista con relativi videoclip di “Appunti” e “Fino all’Ultimo Respiro”, che ben rappresentano un assaggio di quello che si è rivelato essere un autentico scrigno condensato di riferimenti soul, folk, rock con la giusta dose di psichedelia ad incorniciare il tutto. Questo racconto sonoro nasce dopo un viaggio negli Stati Uniti nel 2019, un sogno nel cassetto di Michele, diventato realtà. Tale esperienza mistica e formativa, avvenuta in occasione dell’anniversario dei suoi trent’anni di matrimonio, ha visto il suo apice nella visita di Anelli nel “tempio del rock’n’roll”, a Memphis (Tennessee), patria del Re Elvis Presley! Insomma, un vero e proprio richiamo al quale il nostro non poteva di certo sottrarsi, durante il quale ha avuto modo di visitare e di testare i leggendari FAME Recording Studios di Muscle Shoals in Alabama, costruito dal compianto Rick Hall. E proprio in queste stanze storiche è iniziata la gestazione di questo disco fantastico, grazie soprattutto al prezioso contributo di John Gifford III alla consolle (allievo e prosecutore dell’opera di Rick Hall), nonché di Bob Wray (bassista, già nelle fila di Al Green, The Marshall Tucker Band, Ray Charles, Etta James, Clarence Carter, Johnny Cash ecc. – n. d. r.) e del talentuoso giovane session man Justin Holder alla batteria.
Da queste suggestioni a stelle e strisce in terra americana, e più in generale da questo vero e proprio “viaggio di formazione”, è nata la base per le nuove composizioni che compongono questo quarto album in veste solista, registrate tra fine settembre e i primi di ottobre 2020 al Fireplace Studio in provincia di Como. In questo ritorno in patria, hanno contribuito alla realizzazione del disco i Goosebumps bros., ovvero Cesare Nolli (chitarra elettrica), Paolo Legramandi (basso elettrico) e Nik Taccori (batteria), con l’apparizione in veste di ospiti di Andrea Lentullo (Wurlitzer) ed Elia Anelli (chitarra elettrica). Nonostante la composizione vera e propria dei brani sia avvenuta in terra italica, l’intero album risente di questa esperienza determinante vissuta da Michele negli States, durante i quali il nostro ha avuto modo comunque di incidere due brani ai FAME Studios: nello specifico, “Ballata Arida” ed “Escluso Il Cielo”, che hanno costituito la base per questi dipinti sonori dal sapore cantautorale. Il nuovo disco di Anelli si compone di ben 15 brani, di cui 8 inediti, 2 registrati ai FAME Studios e 4 demo di cui gli ultimi 2 live in studio. Siamo quindi di fronte ad un prodotto alquanto allettante, sia per le numerose composizioni presenti e soprattutto per la qualità e la varietà delle proposte musicali ivi presenti.
Come accennato in precedenza, ci troviamo di fronte ad un vero e proprio album di ascedenza statunitense declinato in chiave lirica tricolore, con passaggi che spazziano dal classic rock al soul, psichedelia dei primi anni Settanta, fino a sfociare nel cantautorato rock con rimandi ad artisti come Willie Nile, Bruce Springsteen e più in generale al Jersey sound. Le quindici tracce presenti in questo album sono contraddistinte quindi da un’estrema varietà di generi e di suggestioni sonore, creando un un arcobaleno sonoro sempre più ricco col passare degli ascolti ripetuti. In questo disco è presente tutta la passione di Michele per la musica d’oltreoceano e per la poesia, in un percorso artistico che lo ha portato a questa quarta opera a suo nome. Musicista e scrittore, il nostro è stato leader e voce dei Groovers, una delle più rinomate rock’n’roll band tricolori (premio alla carriera al MEI di Faenza nel 2009), nonché fondatore e bassista, dal 1987, della band garage-punk The Stolen Cars! Ma il suo percorso artistico è stato inoltre contraddistinto da una ricerca incentrata sulla musica popolare, con riferimenti ai canti sulla Resistenza (si ricordano i dischi ‘Festa d’aprile, Oggi mi alzo e canto e Nome di battaglia: ribelli’, ‘Siamo i ribelli’ (Distorsioni) e ‘Radio Libertà’ (Vololibero). La sua carriera da solista ha inizio nel 2013 con l’album omonimo, proseguendo poi da ‘Giorni Usati’ (Adesiva, 2016), dall’audiolibro ‘La Scelta di Bianca’ (Segni e Parole editore, 2017), fino al penultimo ‘Divertente importante’ (2018), prodotto da Paolo Iafelice.
Il nostro viaggio per le strade roventi dell’America ha inizio con il riff elettrico di “Appunti”, dal sapore alquanto settantiano che ricorda sin da subito i suoni del leggendario ‘Animals’ dei Pink Floyd: naturalmente fatti i dovuti accostamenti, soprattutto per quanto riguarda la ricerca negli arrangiamenti ed un approccio sospeso tra introspezione acustica ed uso graffiante della sei corde. Assai apprezzabile il lungo solo centrale, con la sovrapposizione di due frammenti chitarristici che si intrecciano in un crescendo fino allo stacco dell’acustica su cui il nostro si erge con una voce sognante, in un testo dal sapore autobiografico che termina con una coda cadenzata. Un brano che ci introduce in questa overtoure sonora, a cui fa seguita la stupenda “Quello che Ho”, una sorta di slow rock dal sapore di fine Sixties, con stacchi acustici/elettrici di chitarra a cui fa da contrappunto un farfisa in pieno stile dell’epoca. Gli arrangiamenti sono ancora uno degli ingredienti sui quali Anelli dedica particolare cura, rendendo intriganti ed entusiasmanti anche giri melodici pressochè semplici, ma arricchiti sia nelle musiche che nei testi da un’originalità e da un pathos profondo, alle quali fa da contraltare nel finale anche la bellissima voce femminile.
Un vibrato chitarristico introduce invece il terzo brano del disco, “Tenerezza”, accompagnato dalle parole iniziali quasi sussurrate, mentre una ritmica sincopata fa da contrappunto a questa sorta di ninna nanna, per poi sfociare in un brano maggiormente elettrico nella seconda parte. Il flusso sonoro che Anelli riesce ad esprimere si amalgama perfettamente con il tipo di proposta offertaci, senza risultare mai scontata o banale anche nei passaggi meno complessi. “Fino all’Ultimo Respiro” inizia su un breve solo di organo, al quale fanno seguito gli altri strumenti, in un mid-tempo che ricorda molto la celeberrima “Hey Oh” dei Red Chili Peppers nella melodia e nel ritornello centrale: un brano breve, di facile presa ma non per questo poco gradito, anzi! Già dai primi ascolti viene spontaneo canticchiarla in ogni dove, con un feeling unico che certamente saprà coinvolgere gli spettatori in una possibile futura riproposizione in sede live. “Ballata Arida” è invece incentrata sulla chitarra elettrica, con stacchi centrali più introspettivi, una sorta di ballad strappalacrime dal gusto southern/country su cui il cantato profondo di Michele riesce a creare emozioni uniche all’ascoltatore, così come il controcanto femminile in coda al brano, su cui si sovrappone lo splendido solo di Cesare Nolli.
Il nostro viaggio prosegue con “E’ solo un Gioco”, anch’essa dal ritmo più sincopato, in una distensione melodica dolce e suadente, dove la voce baritona ma sottile di Anelli dipinge orizzonti sonori quasi metafisici, dove il ritmo quasi ipnotico profuso dall’accoppiata Taccori/Legramandi è un piacevole accompagnamento a compendio di una composizione che risulta corale, senza nessuno strumento a primeggiare sugli altri. Veniamo invece catapultati in un groove dal sapore funky con “Spalo Nuvole”, in cui il duetto chitarra/hammond ci conduce in un refrain centrale maggiormente aperto e melodico: ottimi gli arrangiamenti di Andrea Lentullo alle tastiere, soprattutto per la ricerca bilanciata di suoni mai eccessivamente irruenti ma sempre adatti a creare un’atmosfera catartica. Stesso discorso dicasi per il solo di chitarra sul finale che chiude forse uno dei brani più interessanti dell’intero lotto. “Sono Chi Sono” è un’altra semi-ballad dall’andamento e dalla melodia alquanto malinconica, caratterizzata da una differente ritmica nelle due parti del brano: la prima lenta e sincopata, fino allo stacco di batteria che rende maggiormente elettrizzante e arrembante l’atmosfera nella sezione finale. Anche qui gli intrecci e gli arrangiamenti di chitarra con riff serrati sul finale meritano solo applausi e potranno solo che rendere l’atmosfera elettrizzante in sede live.
Passiamo adesso alle due outtake registrate ai FAME Recording Studio sotto la supervisione di John Gifford III, e contraddistinte dall’apporto strumentistico di Bob Wray al basso e di Justin Holder alla batteria. “Ballata Arida” in questa veste primordiale risente fortemente delle influenze a stelle e strisce, con un arrangiamento maggiormente rockeggiante rispetto alla versione successiva, con un approccio per certi versi più springsteeniano, soprattutto nell’interpretazione canora, con il commento finale di Gifford sul finale “It’s all good, You sound great” (vera e propria ciliegina sulla torta – n. d. r.). Il secondo brano proveniente dalle sessions americane è “Escluso Il Cielo”, con uno stacco iniziale di hammond, a cui fa da contraltare un arrangiamento chitarristico di pregio, mentre il cantato riesce bene ad esprimere la solitudine dell’essere umano odierno, nello svolgersi di una giornata. Anche in questo caso è udibile al termine del brano un commento positivo di John (“It’s pretty cool” – n. d. r.) a riprova del lavoro eccellente svolto da Michele e dai due turnisti statunitensi.
E’ la volta adesso delle tre versioni demo presenti in questo full lenght, registrate invece nel Fireplace Studio, ed entrambe contraddistinte da un’esigua durata. “Ho Sparato al Domani” parte con un inusuale e martellante giro di basso a cui fa da controcanto un tappeto di pianoforte sorretto da uno shuffle quasi jazzato di batteria, fino a sfociare in un ritornello dal sapore melodico, che ricorda in alcuni giri forse il già sentito “Fino all’Ultimo Respiro”. La seguente “Il Figlio” è segnata invece da una batteria maggiormente serrata, pur attestandosi su ritmi standard, mentre il resto del brano è segnato da una ricerca sonora dove si intrecciano i vari strumenti presenti. Due composizioni abbastanza semplici e che, almeno personalmente, mi hanno colpito forse più per la cura pedissequa negli arrangiamenti che nell’articolazione compositiva, forse in alcuni punti un po prolissa, ma è ovviamente un’impressione di primo acchito. L’ultimo brano in questa versione demo presente è la sognante “Giovanni e il R’n’R come cura contro l’Indifferenza”, che narra la vita di un artista rock’n’roll avvolta dalla passione per la musica, contraddistinta però dalle difficoltà economiche nel raggiungere il sogno tanto agognato. Stilisticamente siamo di fronte ad un brano soft rock, dominato dal tappeto di hammond su cui si staglia la voce meditativa di Anelli, nella quale traspare un pizzico di malinconia in un brano forse anch’esso in parte autobiografico.
Ci avviciniamo alla conclusione di questo nuovo album con le due versioni demo live in studio che rendono giustizia ad un quarto lavoro assai godibile e con molti spunti di riflessione, sia a livello musicale che di testi. “Sempione 71” continua il precedente brano, attestandosi sulle stesse tonalità e ritmiche sincopate, questa volta però con la sei corde in versione elettrica a condire le atmosfere meditative, mentre la chitarra acustica sorregge la voce sussurrata, senza la presenza di nessun altro strumento: a riprova di come a volte la semplicità possa rendere magica qualsivoglia composizione se suonata ed elaborata con l’anima e con tanta passione. Il disco termina con “Resta Libero”, con un inizio contraddistinto da un tappetodi pianoforte e voce, in un altro brano intimo e autobiografico, che ci culla dall’inizio alla fine in una dolcezza infinita sia nella melodia che più in generale nell’approccio musicale. Ma il ritmo sincopato anche qui non è un punto di debolezza, bensì riesce ad entrare in profondità nell’animo aperto di chi ascolta, con alcuni cambi nel bridge centrale che arricchiscono la composizione con passaggi mai banali e scontati seppur contraddistinti da una semplicità melodica, come epilogo di questo disco che si apprezza dalla prima all’ultima nota come in un lungo viaggio per terre lontane ma, al contempo, vicine nel nostro subconscio.
In sintesi, non posso che complimentarmi con l’autore di questo quarto lavoro in studio, Michele Anelli, che dimostra di essere un artista a trecentosessanta gradi, con una cura maniacale per gli arrangiamenti strumentali, così come per i testi e le linee vocali e alquanto ispirate. Certamente un prodotto assai consigliato per tutti gli appassionati dei celebri cantautori rock d’oltreoceano ma anche nostrani, in particolar modo per i fan di Springsteen o Willie Nilie, ma anche per tutti coloro siano curiosi ed aperti mentalmente ad un ascolto profondo, che vi lascerà cullare in questo lungo e variegato viaggio per le terre a stelle e strisce! In attesa di poterlo vedere, prima o poi, all’opera anche in sede live, rinnovo a Michele i miei più sentiti auguri per questo nuovo album nel quale sono presenti diversi spunti compositivi alquanto interessanti!
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Fotografie Rock – Andrea Musumeci – https://bit.ly/2WFVHB3
A distanza di tre anni dalla pubblicazione di Divertente Importante, e con un’esperienza musicale ormai pluritrentennale alle spalle, il navigato cantautore e scrittore Michele Anelli manda alle stampe il suo quarto album solista dal titolo Sotto il Cielo di Memphis, edito per l’etichetta Delta Records & Promotion, mixato da Taketo Gohara e anticipato dall’uscita dei singoli Appunti e Fino All’ultimo Respiro. Il nuovo disco dell’ex Groovers e Thee Stolen Cars, pubblicato in tre versioni (LP, 45 giri e CD), è un vero e proprio tuffo nel passato, un omaggio alla città di Memphis, una delle capitali della musica americana, quella nera in particolare: un viaggio immaginifico “on the road” nelle terre rurali del Tennessee, che scivola nelle acque torbide del Delta del Mississippi, fiume simbolo di libertà, fino a sconfinare nei Fame Recording Studio del vicino Alabama.
Quello di Michele Anelli è il tentativo (riuscito) di trascrivere in musica, con leggerezza e malinconia, le atmosfere e gli antichi profumi di Memphis; rifugio artistico di riferimento per ogni musicista che si rispetti, nonché luogo di culto che racconta la storia e lo spirito del soul, del blues, del rock’n’roll, del jazz, del country, del gospel e, soprattutto, di Elvis Presley. A Memphis, emozioni e ricordi si susseguono e si rincorrono sulle strade di Kerouac, sui solchi dei vinili sfrigolanti dei vecchi bluesman, tra Cadillac, Harley Davidson e Jack Daniel’s, nello stile georgiano coloniale e country dei celeberrimi Sun Studio di Sam Phillips (dove suonarono artisti di fama mondiale quali Johnny Cash, Jerry Lee Lewis, Ike Turner, BB King, Roy Orbison ed Elvis Presley), prendendo forma nel nuovo take discografico di Michele Anelli.
Sotto il Cielo di Memphis, come dichiarato nel comunicato stampa dell’artista piemontese, è un progetto musicale che nasce dopo un viaggio negli Stati Uniti, come un sogno nel cassetto che, accarezzato a lungo, è divenuto realtà. La realizzazione di un sogno che, spesso, consiste nel mettere a posto i propri ricordi e le scelte mai comprese, lasciando andare quel passato che nessuno potrà mai cambiare. Anche Michele Anelli, così come tanti altri prima di lui, non ha resistito al fascino contagioso, magnetico, sciamanico e storico di Memphis, decidendo di ispirarsi e comporre la sua nuova opera sull’onda emotiva di quella suggestione oltreoceanica, avvalendosi della collaborazione dei Goosebumps bros., band nostrana composta da Cesare Nolli alla chitarra, Paolo Legramandi al basso e Nik Taccori alla batteria, ai quali si sono aggiunti Andrea Lentullo alle tastiere ed Elia Anelli alla chitarra elettrica.
Con Sotto il Cielo di Memphis, Michele Anelli dà risalto sia alla texture sonora che alla tradizione scritturale delle canzoni, integrando il cuore analogico e bollente del soul rock di Memphis a certa identità di natura esotico-mediterranea e a certe inflessioni vocali affini al cantautorato tricolore dei Battisti, Battiato e Finardi, arricchendo il tutto con effetti riverberati, a tratti quasi black/garage, che stabiliscono un ponte spirituale tra jam di chitarre ruvide e sentimentali alla Neil Young e Santana, lontani echi di psichedelia western, cromature R&B funkeggianti dalle linee frizzanti, rugginose e coinvolgenti, ariose e magiche tessiture synth ed intense e carezzevoli ballate folk agresti da tramonti nelle praterie solitarie e dal taglio agrodolce e Springsteeniano.
Il risultato è una sorta di autobiografia che fluisce tra appunti di vita, pezzi di carta e fogli sparsi, con il pensiero costantemente rivolto al sogno americano e, sotto l’aspetto metaforico, alle rughe del tempo, alle lancette dell’orologio che scorrono inesorabilmente, pesando il valore dell’esperienza, dell’apprendimento, dell’evoluzione e della crescita, facendo pace coi propri demoni e tesoro delle difficoltà e delle battaglie individuali.
Il tutto mescolando voglia di libertà e ripensamenti, paure e coraggio, passioni e sentimenti, lacrime e sorrisi, momenti di timidezza e introspezione, illusioni e disillusioni, col gusto di rievocare quel suono frangiato e vintage custodito nei nastri d’epoca, adagiandosi con passo lento e melodiosa sensibilità sul repertorio classico del cantautorato tricolore e del rock’n’roll di stampo sixties e seventies.
Esistono luoghi, incontri e viaggi che prima o poi segnano il percorso della nostra vita, modificandone le traiettorie emozionali, penetrando sottopelle e determinando, nel bene e nel male, un cambio di rotta e un arricchimento personale: un viaggio inteso come cambiamento interiore che, tra salite e discese, va a recuperare pezzi del proprio vissuto, alla riscoperta delle proprie radici e quale presa di coscienza di sé, cercando conforto nei sorrisi familiari e riscatto dagli sguardi convenzionali di tutti i giorni.
Sotto il Cielo di Memphis segna, pertanto, una rinnovata maturità espressiva; un disco liberatorio attraverso il quale Michele Anelli, perfezionando con pazienza una sorta di quadratura del cerchio e di conciliazione tra i tempi andati, le trappole del presente, la consapevolezza delle proprie imperfezioni e l’incertezza del domani, dispensa tutto quel grande senso della musica che si porta dentro e che non può essere racchiuso all’interno di una cornice puramente musicale, ma continuando a inseguire e corteggiare fantasie ancora vivide, insieme alla necessità di restituire un colore alle meraviglie di questo mondo.
Citando Hank Moody: “Le città non cambiano le persone. Neanche le persone cambiano le persone. Siamo quello che siamo”.
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